Andrea Bacchetti al Conservatorio di Milano

L’ingrato compito di chiudere la stagione delle Serate Musicali, Lunedì scorso, è toccato ad Andrea Bacchetti. Il giovane pianista genovese ha presentato un programma tutto Bachiano:

Suite Inglese No. 5 BWV 810
Suite Francese No. 5 BWV 816
Suite Inglese No. 4 BWV 809
Suite Francese No. 4 BWV 815

Ingrato compito a causa della sala non pienissima causa vacanze, del pubblico distratto, del pianoforte in non perfette condizioni.

Davanti a me subito un battibecco ad alta voce tra una pazza esaltata che zittiva un gruppetto tipo “vacanze intelligenti”, che invece rispondeva per le rime. La mia gentile accopmagnatrice mi sussurrava “cambiamo posto”. Il gruppo vacanze intelligenti stava zitto ma per ritorsione stropicciava ostentatamente il programma.

In più mi è sembrato che il pianoforte soffrisse anche lui del clima di smobilitazione. Nei toni alti c’era una nota che produceva uno strano stridio metallico, da corda sfilacciata. Un fastidio non evidentissimo, ma persistente.

Insomma, all’intervallo ci siamo spostati indietro alla fila del corridoio, quella dove stendi le gambe. Finalmente più tranquillo, ho potuto concentrarmi meglio sulla musica (che dalla dodicesima fila si sente molto meglio che dalla quinta).

Andrea Bacchetti mi sembra abbia affrontato le Inglesi in tono meditativo, le Francesi con più humor (non capisco come Chettimar possa dire che le odia, è musica stupenda). Apprezzo molto di Bacchetti che la sua interpretazione non cerca il facile effetto: dote sempre più rara.

Bis: Capriccio Op. 16 di Mendelssohn e Studio di Chopin, bellissimi, che mi fanno pensare che “da grande” forse Bacchetti sarà un romantico.

Mi chiedo sempre, alla fine di un concerto, se l’interprete ne sia soddisfatto. Probabilmente no, mai: c’è sempre qualcosa che poteva andare meglio. Io come spettatore sono uscito molto soddisfatto da due ore di grande musica, “con tutti gli atomi del suo corpo fisico perfettamente allineati“.